Spider-Man: No Way Home
Risulta difficile parlare di un personaggio come Spider-Man,
uno di quelli che ha avuto ogni genere di incarnazione, a partire dai fumetti
fino a cartoni e film, e di cui si è già detto e scritto tutto. Ancor di più
senza fare spoiler, in una proiezione attesa da milioni di fan e di cui il
maggior intrattenimento è avere conferma di tutte quelle elucubrazioni fatte
nei mesi precedenti. Dopo il Tobey Maguire di Raimi e il meno fortunato Andrew
Garfield, in quest’ultima parte della nuova trilogia Tom Holland torna a
vestire i panni di Peter Parker, ossia l’amichevole tessiragnatele di
quartiere.
Dopo la rocambolesca conclusione di Spider-Man: Far From
Home nel 2019, una volta sconfitto Mysterio Peter Parker vede il suo mondo
rivoltarglisi contro: la sua identità è stata svelata, né lui né i suoi affetti
sono più al sicuro e l’intera città di New York si divide in chi lo considera
ancora un eroe, e chi lo addita come un criminale. Da zia May (Marisa Tomai) alla compagna
MJ (Zendaya) e persino l’amico più caro Ned (Jacob Batalon), tutti avranno la
propria esistenza stravolta a causa della loro vicinanza con l’Uomo Ragno. Un
solo uomo potrà aiutarlo, l’amico Stephen Strange conosciuto durante l’Infinity
War, alias il Dr. Strange (Benedict Cumberbatch). Quello che succederà dall’incantesimo
di quest’ultimo in poi è al contempo ciò che vorremmo e ciò che ci aspettiamo.
Spider-Man: No Way Home chiude la trilogia in modo coerente,
già a partire dal titolo, con quella home sempre presente. E sarà difficile
non sentirsi a casa durante la visione: il medesimo regista, i medesimi
interpreti, le situazioni nuove ma allo stesso tempo classiche a cui si va
incontro. La traccia era già segnata, e non si doveva osare altro. Si parla del
supereroe più amato, uno dei più vecchi ma ancora attuali e che, non ultimo, al
botteghino rende più di chiunque altro. È indubbio che Spider-Man sia il
franchise più popolare, che tra i giovanissimi faccia man bassa di consensi e
che basti il nome per generare hype e resse di pubblico in sala. Ogni sua
comparizione viene vista come un evento, e non è intenzione di nessuno, tanto in
Marvel quanto in Sony, cambiare le cose o deludere i fan. E così, questo ultimo
capitolo prosegue ciò che già si era visto, in un prodotto appunto per giovanissimi,
con battute mirate a quell’età e fanservice allo stato puro, mai come qui all’ennesima
potenza. I protagonisti si muoveranno all'interno di una trama scandita da scelte
sciocche, ancor prima che incomprensibili, con collegamenti, motivazioni ed
eventi incollati con una tela di ragno per il semplice motivo che dovevano
esserci, senza pensare troppo al come. Ed è incredibile quanto, se da un lato teorico
sia assolutamente da bocciare, da quello pratico il tutto funzioni.
Per l’intera sua durata il film scorre piacevole, senza mai annoiare, qua e là divertendo e, a un certo punto, facendo quasi riflettere. Innegabile la qualità della produzione sotto questo aspetto, così come la forza dei protagonisti messi in campo. Perché questo terzo capitolo prosegue sì quanto visto in precedenza, ma, cosa più importante, la conclude. E volta pagina. Spider-Man: No Way Home riesce contemporaneamente a essere il migliore e il peggiore della trilogia, accentuandone pregi e difetti fino a prendere le forme di una origin story. Tutto lascia presupporre che questo sia un nuovo inizio, che faccia da spartiacque e ci sia un prima e un dopo, perché anche i giovanissimi un giorno non saranno più tali, e non si accontenteranno di vedere solo ciò che si aspettano o le citazioni tanto care. Tutti crescono, anche Peter Parker. E i suoi fan con lui.
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