ABBA - Voyage

 


“E che canzoni.” Così Frida, una delle due cantanti, parla in un’intervista del ritorno in studio degli ABBA. Per chi non lo sapesse, il quartetto svedese è una delle più riuscite formazioni della storia della musica, capace di entrare nella TOP 5 dei degli artisti con più dischi venduti a livello mondiale. Caratterizzati da un sound e una scrittura prevalentemente leggeri, agli inizi degli anni ’70 e per quasi tutto il decennio in cui si concentrò la loro carriera furono fenomeni di moda e di costume, in grado di dare origine a una vera e propria ABBAmania. Ora, a distanza di quarant’anni esatti, esce il loro ultimo album.

Può essere complicato esprimere un giudizio su Voyage, complicato perché non è l’ennesimo tassello nella carriera di un musicista, la nuova fatica che ci mostra la sua evoluzione professionale. Gli ABBA, come gruppo, non ci sono più; non ci sono da quando decisero di separarsi, nel lavoro come nella vita privata, facendo seguire ai due matrimoni altrettanti divorzi. E allora come leggere questa loro, ultima, iniziativa?

Il disco parte da un punto imprecisato della loro storia discografica: è un sunto, una summa di tutto ciò che ci hanno regalato dal ’72 all’82, dagli inizi puramente pop e scanzonati, sino alla parte finale più introspettiva e votata all’elettronica. Il pezzo introduttivo è anche il primo estratto, che non a caso si intitola I Still Have Faith in You. Si tratta di una power ballad con un ché di epico, prima scintilla che ha spinto Agnetha Fältskog, Benny Andersson, Björn Ulvaeus e Anni-Frid Lyngstad a tornare in studio, e che riporta noi ai tempi di Thank You for the Music. Segue When You Dance With Me, un’allegra danza dalle melodie nordiche, una delle composizioni che più dà energia all’album, ma che ancora non esprime tutto il suo potenziale.

La successiva Little Things – prossimo singolo in concomitanza delle festività – immerge l’ascoltatore in un clima natalizio, in una mattina invernale in cui si aprono doni e ai più piccoli si può raccontare una favola. È però con il secondo estratto, Don’t Shut Me Down, che si entra nel vivo. Contagioso come le più riuscite canzoni disco del loro repertorio, i quattro ci dimostrano che sanno ancora come pochi altri cosa sia il senso del ritmo.

La quinta traccia, invece, ha avuto una gestazione particolare. Incisa originariamente nel ’78, Just a Notion non trovò spazio su Super Trouper, e non venne mai più proposta per intero. Oggi le viene finalmente data nuova linfa, con un’aggiornata linea europop a far da base al canto originale, la bella voce di Agnetha, la stessa che, ancor prima di conoscerla, la fece scegliere nella vita e poi in campo lavorativo a Björn.

In I Can’t Be That Woman è difficile non leggere riferimenti a vicende personali del passato. Le interpretazioni possono essere molteplici, ma quello che di sicuro ci vuole dire la canzone è che nella vita si cresce e si cambia. Anche dopo tanti anni.

Stupisce come Keep an Eye on Den non sia (ancora) uscito come singolo: il riff non sarà potente come quello di Gimme! Gimme! Gimme! (A Man After Midnight), ma la verve danzereccia c’è ancora tutta.

Dall’innocenza della delicata Bumblebee, in cui strumenti a fiato e campanelli la fanno da padrone, si passa poi a No Doubt About It, pezzo ecclettico la cui forza maggiore risiede nei sali e scendi musicali e nell’energia del coro. A chiudere il tutto ci pensa la sinfonica Ode to Freedom, quella che sarà per davvero l’ultima canzone degli ABBA. E non poteva esserci commiato migliore per chi, ancora oggi, riesce a balzare in testa alle classifiche di vendita.

In conclusione, quindi, che risposta dare alla domanda che ci si poneva? Come va inteso questo revival?

Dire che Voyage è un album fuori tempo massimo sarebbe tanto scontato quanto ingiusto, un po’ come pretendere che una band sciolta quarant’anni fa abbia qualcosa di nuovo da dire e possa aprire strade alle future generazioni. Voyage non ha la presunzione di aggiungere niente a quello che di già grande, grandissimo hanno fatto gli ABBA: non è un’operazione nostalgia, tantomeno una commerciale, ma solo un’ultima occasione per stare insieme; un lascito per i fan, un omaggio in cui nessun episodio è poco riuscito.

Mi sono sempre chiesto quanti capolavori avrebbe potuto ancora regalarci il gruppo scandinavo se la loro carriera insieme non si fosse interrotta, cosa ci sarebbe potuto essere after l’incisione finale The Day Before You Came. Questo disco non è la risposta – non poteva esserlo –, se non altro, però, aiuta a renderne un po’ più dolce il pensiero.


1.      I Still Have Faith in You – 5:09

2.      When You Danced with Me – 2:50

3.      Little Things – 3:08

4.      Don't Shut Me Down – 3:56

5.      Just a Notion – 3:31

6.      I Can Be That Woman – 4:01

7.      Keep an Eye on Dan – 4:05

8.      Bumblebee – 3:57

9.      No Doubt About It – 2:56

10.  Ode to Freedom – 3:32

Commenti

  1. Ciao ho appena ascoltato l'album. Premetto di non essere un gran fan degli ABBA ma questo album mi ha dato sensazioni strane più o meno come gli altri. La sensazione è quella dove ci si poteva trovare dei pezzi potenzialmente di altissimo livello ma poi il colpo gli è rimasto in canna risultando così sospeso. Insomma a mio avviso un album che poteva dare soddisfazioni ma che alla fine risulta un disco senza infamia e senza lode.

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    1. Può essere in parte vero. Come vero è che hanno tutte le attenuanti del caso, comunque. Il mio consiglio è di ascoltarlo a più riprese: le canzoni salgono d'intensità una volta che si è entrati nell'ottica.
      Ad ogni modo grazie per il commento e a presto.

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